La vita è imprevedibile, si sa.
Spesso le cose non vanno come le avevamo immaginate e così prendiamo strade che non pensavamo di poter percorrere, fronteggiando situazioni inaspettate. Per esempio, cosa fareste se un giorno, per caso, scopriste un giacimento di petrolio nel vostro giardino?
Succede a Giacomo (Luca Zingaretti) e Ermanno (Lillo) nel film "Tempo instabile con probabili schiarite" del regista Marco Pontecorvo, presentato in anteprima al cinema Apollo a Milano.
In una tranquilla cittadina delle Marche, l'immaginaria Sant'Ugo, i due amici trovano del petrolio nel cortile della loro cooperativa che produce divani e poltrone, ormai sull'orlo della bancarotta. La scoperta porta spaccature e incomprensioni che coinvolgono amicizie, matrimoni e l'intero paese.
La commedia vuole rappresentare l'Italia e gli uomini in tutti i loro vizi e virtù, dimostrando come tutto è precario, nel bene e nel male.
La prima domanda che nasce spontanea è: come fanno i due amici a scoprire questo tesoro nascosto? Semplice, una classica situazione all'italiana: Giacomo, uomo pratico e ambizioso, convince Ermanno, idealista e "troppo onesto", a nascondere alcuni rifiuti tossici nel sottosuolo. Ed ecco che proprio mentre Ermanno vuole desistere, appare loro il miracolo: il petrolio.
Ma petrolio vuol dire ricchezza? O vuol dire forse una pratica lunga, infinita e interminabile di perizie, scartoffie, analisi, spese e rischi?
A quanto pare, si tratta proprio della seconda opzione (soprattutto in Italia), e mentre Giacomo è desideroso di buttarsi a capofitto nell'avventura, Ermanno decide di non prendersi tale rischio, soprattutto perché non vuole fare nessun torto ai suoi colleghi e ai concittadini.
Ed è così che l'amicizia, all'apparenza indissolubile, dei due, comincia a incrinarsi fino quasi a rompersi, in un crescendo di dinamiche prevedibili ma anche inaspettate.
Parallelamente alla critica sociale e all'analisi del nostro paese, il film affronta anche l'incontro/scontro fra le diverse generazioni. Protagonista di tutto questo è Tito (Andrea Arcangeli), il figlio diciassettenne di Ermanno, perennemente in lotta con il padre. Per raccontare il suo punto di vista, il regista lo descrive come appassionato di fumetti manga, e da qui l'incursione nel film di alcune sequenze animate, dove i litigi con il padre diventano vere e proprie battaglie tra l'eroe e l'antagonista.
Di contorno alla storia ci sono attori come Carolina Crescentini, nei panni di una commercialista tutta numeri e fisime, John Turturro, un affascinante ingegnere italoamericano, e Franco Mescolini, un anziano collega della cooperativa.
Il film è leggero e scorre senza intoppi per i suoi 100 minuti. Mischia paradossi e situazioni verosimili, cadendo qua e là in stereotipi e superficialità perdonabili.
Tuttavia, alla fine della proiezione, non lascia molto. Ci sono delle buone riflessioni, dei momenti divertenti a altri che ci portano a immedesimarci molto nei protagonisti, perché appaiono molto realistici. Qualche scivolone qua e là, però, mi fa chiedere come mai le commedie italiane del momento sembrano non riuscire a prendere una posizione netta fra il trattare la realtà con leggerezza senza cadere nell'assurdo, o prendere invece il coraggio di sguazzare nel grottesco per restituirci un riflesso più aspro e spigoloso del nostro mondo.
Perché, in sostanza, il film è carino. Non molto di più.
E prendendo spunto dall'anguria che Giacomo e Ermanno rubano in un campo, per poi trangugiarsela insieme come due ragazzini, dico che questo film è un po' come mangiare quella parte dell'anguria vicina alla buccia. E' buona, ma rispetto al cuore è un po' annacquata.
Francesca Pavan
Rientro in quella (brutta) categoria che "no, è una commedia italiana, non la guardo".
RispondiEliminaSto cercando di farmi passare questa sindrome da improvvisata critica cinematografica esterofila, sperando in un aiuto da parte di registi e sceneggiatori e attori italiani.
La storia in sè mi ispira, magari potrei riportarmi in carreggiata...
Bellissimo il paragone con l'anguria :D
Alice
difficile farsi passare quella sindrome perché nella maggior parte dei casi putroppo il cinema italiano non è all'altezza! a presto!
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