Il film è sicuramente interessante perché ci pone davanti a domande importanti: quanta della vita che stiamo vivendo è determinata dalle convenzioni sociali in cui siamo immersi? E cosa accadrebbe, se decidessimo di rifiutarle? E poi, cosa succede a chi, immerso fino a un giorno prima in un tran tran tranquillo, vede la sua vita rimessa in discussione? Spaesamento, incredulità, e poi rassegnazione o ribellione. Sono queste le emozioni che ci guideranno. Ma il regista non sembra convinto, o almeno così l'ho interpretata, che esista un modo per rompere le catene e essere liberi.
Ci troviamo in una società in cui gli uomini e le donne non possono vivere da soli, ma sono costretti ad avere un compagno. Chi viene lasciato dal marito o dalla moglie o rimane vedovo, viene portato in un "hotel" dove vive da recluso 40 giorni durante i quali deve darsi da fare per trovare tra gli altri ospiti un nuovo partner. Se si forma una nuova coppia, dopo un periodo di test, questa può tornare a vivere nella società civile. Altrimenti, allo scadere del tempo a disposizione, i singoli vengono trasformati in un animale a loro scelta. Colin Farrell, qui imbolsito e con lo sguardo perennemente inebetito, è David, che è stato lasciato dalla moglie e ha il destino segnato: deve andare all'hotel e cercarsi una nuova compagna o la sua vita da uomo finirà presto, come già accaduto al fratello, ora trasformato in un border collie. David però ha deciso che, se dovrà trasformarsi, diventerà un'aragosta, la lobster del titolo, perché ha letto che le aragoste vivono fino a 100 anni e sono attive sessualmente fino alla fine dei loro giorni.
Fin da subito appare chiaro che trovare una nuova compagna non è un'impresa facile. Oltretutto, i single rinchiusi in hotel vengono usati per dare la caccia a degli emarginati, che hanno scelto di vivere nei boschi rifiutando le regole della società. Per ogni single catturato, ai residenti dell'hotel viene regalato un giorno di tempo in più come umani. David cercherà prima di fingersi qualcun altro per trovare a tutti i costi una compagna, senza fare i conti con la cattiveria della donna da lui prescelta. Quando le cose, inevitabilmente, si metteranno male, penserà che la soluzione sia unirsi ai single dei boschi: ma il mondo dei ribelli si rivelerà forse ancora più crudele e rigido da quello da cui è fuggito. Qui, al contrario, i contatti fisici e le relazioni sono proibite. E quando David si innamorerà, ricambiato, da una donna miope (interpretata da Rachel Weizs), si troveranno soli a nascondere i loro sentimenti e combattere contro un mondo ostile.
Il film è davvero strano ma offre spunti di riflessione: quello che mi ha reso difficile la visione è stata la recitazione asettica (certamente voluta) e la lentezza che permea l'intera pellicola. Non ho potuto fare a meno di pensare come lo stesso soggetto in mano a un americano avrebbe prodotto un film completamente differente e forse più nelle mie "corde cinefile".
The Lobster appare quindi un'enorme metafora di critica alla società odierna esplosa in tanti diversi aspetti, dove alla base rimane, sul fondo, la volontà degli uomini di cercare qualcuno con cui dividere la follia della vita, qualcuno con cui avere "qualcosa in comune", per non sentirsi totalmente estranei e isolati in questo mondo crudele. Il film uscirà nelle sale italiane giovedì 15 ottobre.
Trovare una metafora culinaria per questo film appare davvero arduo, perciò resterò sul titolo, per consigliarvi, se non l'avete mai provato, di gustarvi un lobster roll. Io l'ho mangiato a New York da Luke's Lobster ma da poco tempo è arrivato anche in Italia, a Milano per esempio ci sono diversi locali che hanno deciso di metterlo in menu e anzi hanno aperto i primi "lobster bar".
Ma cos'è un lobster roll?
Non è altro che un panino (bun) leggermente scaldato, spalmati con leggero velo di maionese, burro al lime e spezie e poi riempito con aragosta bollita fredda. Ne esistono anche varianti con il granchio e i gamberetti. Davvero gustoso e da provare :-)
Stranissimo, ma decisamente curiosa di vederlo! ciao!
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